Roberto QUintavalle canta a Borgo San Giovanni a Portogruaro

Racconto di una rinascita personale

Il mio concerto del 16 luglio 2025 a Portogruaro:

La sera in cui ho ripreso a volare

Ieri ho cantato per due ore e mezza.
Ho raccontato una vita intera, la mia, attraverso musica, parole, ironia e cuore. E l’ho fatto davanti a un pubblico che non conoscevo, in una piazza dove non c’erano sedie, né bar, né punti di ristoro. Solo me, il mio impianto, e un flusso costante di persone che si fermavano, ascoltavano, sorridevano… e restavano.

La mia paura più grande, lo confesso, era di non arrivare alla fine con la voce. Ma la voce ha tenuto. Anzi, ha retto benissimo, e anche il giorno dopo, inaspettatamente, parlo senza fatica! Segno che ho cantato con tecnica… ma soprattutto con respiro, con calma, con presenza.

Ho chiuso lo spettacolo con Bella, come da copione, ed è stato un momento di energia e coinvolgimento puro. Ma la vera “chiusura” è stata una piccola sorpresa: un ragazzino si è avvicinato e mi ha chiesto se potevo cantare cos sua sorella. E così, fuori programma, ho cantato Vivo per lei con questa ragazza… e tutto è diventato simbolico, perfetto. Quasi scritto.
Insomma, se una ragazza che non mi conosce sente il desiderio di cantare con me, significa che sono riuscito a trasmettere quello che volevo: passione, dedizione e impegno.

Il pubblico? Bellissimo. C’era mio figlio “piccolo”!! E poi, alcuni amici che sono venuti da lontano, e non me l’aspettavo: Dario, da Mestre; Antonio da ancora più in là, che mi aveva scritto di non poter venire… e poi è arrivato a sorpresa, con tutta la famiglia. Ma la cosa più sorprendente è stato il pubblico “nuovo”: gente che non mi conosceva e ha scelto di fermarsi. Alcuni per pochi minuti, altri per mezz’ora, qualcuno addirittura per tutto lo spettacolo. Hanno ascoltato, cantato, ballato. E io, sul mio palco, mi sono sentito nel posto giusto.

Non mi sono mai davvero sentito solo. E non mi sono sentito mai fuori luogo.
Ho seguito il mio copione, ho raccontato la mia storia, e l’ho fatto come avrei voluto: senza annoiare, con leggerezza, con sincerità.

L’ultima parte dello spettacolo, quella che ho voluto dedicare interamente ai miei amici Gianmario e Lidiya, è andata esattamente come desideravo. Certo, mi sono un po’ “tradito” all’inizio tirando fuori più microfoni del solito, quindi forse hanno immaginato che ci sarebbe stata una sorpresa… ma la magia è rimasta tutta lì, intatta.

Ho voluto coinvolgerli perché, se ieri sera ero su quel palco, è anche grazie a loro.
Con la loro amicizia e il loro entusiasmo, hanno riacceso in me una fiamma che non si era mai davvero spenta, ma che aveva bisogno di nuova aria per tornare a brillare.
Se ho vissuto il mio “momento di gloria”, era giusto — anzi, doveroso — riconoscere il grande merito che hanno avuto: quello di avermi ridato la forza, la motivazione e l’amor priorio per rimettermi in gioco… e raccogliere frutti così dolci e succosi come quelli di ieri sera.

Nel finale, ho invitato Gianmario a cantare con me la chiusura dello spettacolo (un brano del Pooh, che è diventato la nostra “sigla di chiusura”). Poi ho chiamato sul palco anche Lidiya e mia moglie Liuba, che mi è stata accanto ogni giorno, in ogni prova, in ogni sogno. Abbiamo chiuso insieme con “Che sarà”, un brano che racchiude perfettamente la malinconia e la speranza, il passato che ci forma e il futuro che ci aspetta.

Non so se sia stato uno spettacolo perfetto, ma so che era vero.
E questo, per me, vale tutto.

Grazie a chi c’era.
Grazie a chi mi ha ascoltato.
Grazie a chi ha creduto in me.
E grazie a chi lo farà da oggi in poi.

Chiudo questa esperienza con una sensazione profonda di gratitudine e completezza.
Non so se porterà ad altro. Ma so che meritava di essere vissuta. E meritava di essere raccontata.

Di nuovo, un grazie speciale ai miei amici che ne hanno fatto parte, non lo dimenticherò mai.

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